Una protesi d’anca consiste nella sostituzione dell’articolazione danneggiata con una meccanica, costituita da due pezzi: lo stelo che s’infigge nel femore, dopo aver resecato la testa, e il cotile che s’incastra nell’acetabolo del bacino.

Come prepararsi all’intervento di protesi d’anca?

La fase preoperatoria è costituita dalla preospedalizzazione che mira a individuare i fattori di rischio per l’intervento per correggere tutti quelli che tali sono. La fase postoperatoria è rappresentata dalla riabilitazione che, ormai, inizia già poche ore dopo l’intervento. Nella maggiore parte dei casi non si pongono catetere né drenaggio e, pertanto, la riabilitazione può essere facile e immediata. La perdita ematica, grazie al blood management, è minima e dover subire delle trasfusioni è un evento raro.

In quali casi è maggiormente indicata la procedura?

L’indicazione all’intervento è plurifattoriale: danno cartilagineo con la conseguente limitazione articolare associata a dolore e riduzione della qualità di vita sono i fattori che la determinano. Quando essi sono presenti rimandare l’intervento può essere un boomerang, specie in età senile perché le condizioni generali possono peggiorare e accrescere il rischio. La patologia più comune che porta alla protesi è l’artrosi che consiste in una cronica e progressiva usura della cartilagine articolare. Essa può essere determinata da patologie infantili non trattate come la displasia congenita dell’anca, l’epifisiolisi, il Perthes. Oppure essere l’esito di un trauma o indotta dal conflitto femore-acetabolare, condizione che determina un contatto precoce e anomalo fra bordo della testa femorale e l’acetabolo producendo il danno cartilagineo. Anche malattie infiammatorie come l’artrite possono causare un danno che richiederà la protesizzazione. In genere sono sufficienti due o tre settimane per recuperare l’autonomia in ambiente domestico. A quattro settimane si è in grado di uscire.

La protesi d’anca oggi

La storia della protesi all’anca nasce circa 70 anni fa e i progressi compiuti, sia come qualità dei materiali che come affinamento della tecnica chirurgica, sono stati enormi. Oggi si può fare affidamento su materiali come Titanio, Tantalio, ceramica e Polietilene addizionato con vitamina E che ne accresce enormemente la resistenza. Le vie d’accesso mini open sono quella anteriore e la posterolaterale modificata. Quest’ultima offre il vantaggio di attuare la tecnica femur first, impiantando prima il femore, e ciò consente di montare la protesi nel migliore accoppiamento biomeccanico che ne garantirà la maggior durata. Sull’intervento gravano due rischi non annullabili del tutto neppure con la prevenzione farmacologica: trombosi venosa profonda e infezione. Obesità e fumo accrescono questi rischi. Altri eventuali rischi sono legati alla presenza di patologie concomitanti.

La ragione principale per la sostituzione di una protesi d’anca è solitamente dolore. Questo può essere causato da usura o processo allentamento dell’impianto e, a volte, può essere secondaria ad un processo infettivo. Il sintomo principale è il dolore, questo è un segnale d’allarme che qualcosa non va. Inoltre, il tipo di insorgenza del dolore e della presentazione ci può aiutare nella diagnosi finale e escludere o sospettare un hip infettato come origine.

Intervento di sostituzione protesica

L’intervento consiste nella sostituzione totale o parziale della protesi d’anca. Nel caso in questione senza usura o allentamento infezione ovvio, solo il componente interessato viene sostituito, aggiunto per fermare ulteriori danni. Al contrario, quando abbiamo il sospetto di un’infezione, è necessario sostituire tutti i componenti, l’attuazione di un distanziatore o protesi provvisoria cementato impregnati di antibiotici, trattata con antibiotici per via endovenosa, in termini di sensibilità e, infine, il ripristino della protesi finale quando siamo sicuri che l’infezione è stata debellata. La protesi per il salvataggio o recensione sono leggermente diversi da quelli utilizzati in chirurgia primaria. Questo dipenderà dalla qualità dell’osso e del tipo di ancoraggio scelto con la seconda opzione.

In che cosa consiste l’operazione di protesi all’anca?

Questa operazione si realizza per sostituire un’anca danneggiata. Il chirurgo sostituisce l’originale con una sfera in metallo o ceramica. Il recupero sarà graduale e dipenderà dalla continuità del paziente nei suoi esercizi di riabilitazione. Il candidato ideale per un intervento di protesi all’anca è un paziente che soffre di dolori dovuti alla distruzione della cartilagine articolare del bacino e che non ha notato miglioramenti dal trattamento chirurgico, pertanto ha bisogno di rimpiazzare l’anca danneggiata.

Possibili complicazioni in un intervento di protesi dell’anca

Le principali complicazioni che derivano da un intervento del genere sono le infezioni (superficiali o profonde), che possono contribuire ad un cedimento delle parti che compongono la protesi; le lesioni delle strutture vascolari o nervose; instabilità della protesi e, in certi casi, frattura del femore durante la chirurgia.

Come viene collocata la protesi all’anca

Per effettuare questo tipo di intervento è necessaria un’anestesia epidurale. Il primo passo dell’operazione consiste nel realizzare una dissezione delle strutture dei tessuti molli fino a raggiungere l’osso.

Dopodiché vengono effettuati dei tagli sul femore e sull’acetabolo (preparazione del canale midollare o preparazione dell’acetabolo). Sia sul femore che sull’acetabolo verranno applicati gli impianti. Infine, si realizzerà la fissazione degli stessi, che può essere cementata o no.

Passate almeno 24 ore dall’intervento, gli specialisti iniziano con un trattamento di mobilità passiva: per esempio, mettono a sedere il paziente su una sedia molto alta, facendo in modo che il paziente si abitui al peso delle protesi.

Dopo il quinto giorno di ricovero in ospedale, il paziente può tornare a casa sua. Dovrà seguire un trattamento di riabilitazione molto mirato.

Raccomandazioni e consigli per il post-operatorio

I pazienti con una protesi d’anca devono essere coscienti del fatto che si tratta di un’articolazione protesica, non naturale, e pertanto che la vita media della protesi è collegata all’uso e all’abuso che facciamo di lei giornalmente.

Quando vengono collocate protesi d’anca in pazienti anziani, le cui attività giornaliere sono molto conservatrici, è molto probabile un pronostico positivo.

Al contrario, quando l’intervento riguarda una persona giovane esistono molti fattori a rischio e, di conseguenza, devono prendersi serie precauzioni. Conviene camminare, scendere e salire le scale, andare in bicicletta e non smettere mai di fare attività fisica, con moderazione.

Allo stesso tempo, è impossibile dedicarsi a sport estremi e fare pesi, dato che una qualsiasi attività di queste ridurrebbe la durata della protesi.

È consigliabile sedersi in sedie alte, non fare movimenti estremi con l’anca ed evitare possibili lesioni. 

 

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