Ricco di potassio, calcio, vitamina C, vitamina A e fibre il mirtillo presenta delle caratteristiche molto importanti

Le malattie neurodegenerative rappresentano un insieme eterogeneo di entità nosografiche distinte, accomunate tra loro da alcune caratteristiche patogenetiche e cliniche. Dal punto di vista della patogenesi, sono caratterizzate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare a carico dei neuroni. L’eziologia esatta alla base di questo processo patogenetico non è ancora definita ma nella maggior parte di esse numerosi fattori di rischio, di origine sia genetica sia ambientale, sembrano giocare un ruolo fondamentale. Sebbene nelle fasi di esordio possano assumere un carattere focale, queste patologie in genere colpiscono bilateralmente uno specifico sistema neuronale, dando luogo a una sintomatologia clinica estremamente variegata che si manifesta, a seconda del tipo di malattia, con deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie e disturbi comportamentali e psicologici, più o meno gravi. La definizione e la classificazione delle malattie neurodegenerative, a causa della sovrapposizione della sintomatologia e qualche volta anche della condivisione di alcune fasi del processo patogenetico, continuano a essere argomento di un acceso dibattito medico-scientifico. Tuttavia, attualmente si può dire che sotto questo nome vengono raggruppate diverse entità cliniche ben definite, delle quali le più note sono la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson, insieme poi al morbo di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica, la paralisi sopranucleare progressiva, la demenza frontotemporale, la demenza a corpi di Lewy e la sclerosi multipla.

Esistono numerose malattie determinate dall’invecchiamento della popolazione e quelle neurologiche sono purtroppo tra le più gravi. Filogeneticamente il nostro cervello non è “programmato” per funzionare bene per più di 50 o 60 anni, per cui è già una fortuna che la maggioranza degli anziani non abbiano problemi neurologici.

Come preservare le funzioni cognitive durante l’invecchiamento e ridurre il rischio di disturbi neurodegenerativi? Basta consumare giornalmente mirtilli. Un’analisi della biologa nutrizionista Marina Putzolu dello Studio Abr per l’AdnKronos Salute mette in luce tutti i benefici di questi frutti selvaticiabbondano tra i cespugli del sottobosco e negli scaffali dei supermercati.

Ricco di potassio, calcio, vitamina C, vitamina A e fibre il mirtillo presenta delle caratteristiche molto importanti, dettate soprattutto dalla presenza di flavonoidi che manifestano una spiccata azione antiossidante, che si associa a un più lento declino cognitivo: “Quest’ultimo, spiega Putzolu, è in parte mediato sia da stimoli infiammatori che da stress ossidativo e tali fattori possono alterare il corretto funzionamento dei neuroni presenti nel cervello. Ciò potrebbe pertanto influire negativamente nel processo di memorizzazione. Inoltre, i mirtilli possono agire positivamente sul flusso sanguigno cerebrale ed in tal modo garantire un benefico impatto per salute del nostro cervello “.

“Studi scientifici, aggiunge l’esperta, hanno dimostrato, inoltre, come l’assunzione regolare di alimenti contenenti polifenoli è associata a una riduzione del rischio di demenza, con buona conservazione delle funzioni cerebrali e il ritardo dell’insorgenza del morbo di Alzheimer. Per quanto concerne la loro assunzione, conclude, consiglio di accompagnarli, di prima mattina, ad una sana colazione o in alternativa consumarli come spuntino pomeridiano insieme ad una manciata di frutta secca”.

Gli scienziati, però, ci invitano anche a non prendere tutto ciò per oro colato. Quel che si dice sul “superfood” è molto popolare, ma a volte può essere anche un po’ “pompato”. È probabile che i mirtilli non siano la panacea per tutti i mali! Tuttavia, qualche cucchiaiata al giorno, di certo non può farci male.

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