Con l’espressione terapia intensiva (da cui l’acronimo TI) in ambito ospedaliero si indica il reparto dell’ospedale dove vengono garantite cure più intense rispetto agli altri reparti, dedicate ai pazienti in condizioni più gravi. Le terapie intensive sono reparti normalmente presenti in quasi tutti gli ospedali; tuttavia, il numero dei posti in terapia intensiva è limitato e varia enormemente in base alla grandezza dell’ospedale. Quando tutti i posti in terapia intensiva di un dato ospedale sono saturi, i pazienti in stato critico vengono in genere dirottati verso l’ospedale più vicino che dispone di posti intensivi vacanti. Qualora non siano disponibili posti, il paziente più critico ha un rischio maggiore di decesso: questo è il motivo per cui la recente pandemia da Covid-19 è così pericolosa dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, visto che l’infezione si è dimostrata purtroppo fin troppo capace nel saturare in fretta i posti in terapia intensiva disponibili.

Quali pazienti accoglie?

Il posto in terapia intensiva viene assegnato a pazienti con particolari stati di salute di media/alta gravità, quali ad esempio:

  • pazienti che hanno bisogno di supporto delle funzioni vitali (respiratore meccanico, farmaci inotropi, ecc.);
  • pazienti politraumatizzati (ad esempio in seguito a gravi incidenti stradali);
  • pazienti con recente infarto del miocardio;
  • pazienti con recente ictus cerebrale ischemico od emorragico;
  • pazienti con insufficienza respiratoria grave;
  • pazienti dopo recente intervento chirurgico maggiore con complicazioni;
  • pazienti che necessitano di monitoraggio continuo e, se necessario, di intervento immediato.

 

Funzioni

Come intuibile, i posti in terapia intensiva sono fondamentali per mantenere in vita i pazienti che arrivano in ospedale in situazioni particolarmente critiche: non è purtroppo infatti raro che si verifichi il decesso del paziente in questo tipo di reparto. Per raggiungere lo scopo di mantenere in vita i pazienti più critici, la terapia intensiva è caratterizzata da monitoraggio avanzato del paziente (7 giorni su 7, 24 ore su 24) e dall’uso di tecnologie particolarmente complesse e costose che supportano in primo luogo le funzioni respiratorie e cardiocircolatorie del soggetto.

Perché il Covid rende spesso necessaria la terapia intensiva?

Una delle caratteristiche principali della pandemia da Covid-19 è l’alta percentuale di pazienti (circa il 10%) che vanno incontro ad una grave polmonite interstiziale bilaterale, con possibile progressione verso la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e l’insufficienza respiratoria grave: tale condizione necessita appunto il trasporto del paziente in terapia intensiva per sopravvivere.

Organizzazione

La terapia intensiva dispone normalmente – per ogni unità letto – di varie strumentazioni, tra cui:

  • respiratore automatico;
  • monitor multiparametrico;
  • defibrillatore manuale;
  • pompe infusionali;
  • impianto d’aspirazione.

Nel reparto di terapia intensiva è garantita assistenza infermieristica specializzata in numero non inferiore ad una unità ogni due letti e di un medico, normalmente anestesista-rianimatore. Il reparto di terapia intensiva è generalmente costituita da un unico grande spazio di degenza in modo da poter garantire costantemente, da parte di tutto il personale, il controllo agevole di ciò che avviene nel reparto e la garanzia di immediati interventi al letto del paziente in caso di situazioni critiche. Negli ospedali più attrezzati esistono terapie intensive specializzate in un campo specifico, come ad esempio traumatologia, cardiologia, neurologia e trapianti. In tutte le culture mediche europee e nordamericane l’espressione “terapia intensiva” equivale ai termini “rianimazione” o “cure intense“.

 

FONTE:

 

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