Ricercatori italiani hanno realizzato un test low cost in grado di prevedere chi rischia di ammalarsi di Alzheimer: l’esame è doppio e consiste in analisi del sangue ed elettroencefalogramma. Ma chi può usufruire di questo test? Gli scienziati ci spiegano come funziona e quali sono le persone che potranno farne uso.

Potrebbero essere sufficienti un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma per individuare con ampia precisione chi svilupperà l’Alzheimer. Questa la promessa di un nuova ricerca, tutta italiana, che ha messo a punto un nuovo test, di facile esecuzione e a basso costo, per chi ha già una forma di declino cognitivo ma più lieve dell’Alzheimer. Lo studio, condotto dalla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs – Università Cattolica, con il supporto tecnico dell’Irccs S. Raffaele Pisana, è stato pubblicato su Annals of Neurology. Questo argomento, su cui il dibattito è aperto da anni, rimane in ogni caso delicato sotto diversi punti di vista (scientifico e sociale, ad esempio).

Le persone che hanno una sindrome neurologica chiamata mild cognitive impairment (deterioramento cognitivo lieve), uno stadio intermedio fra il normale declino cognitivo dovuto all’età e una vera e propria demenza, sono 20 volte più a rischio, rispetto a individui sani, di sviluppare questa patologia.

I ricercatori del Gemelli, insieme ai loro colleghi, si sono chiesti come mettere a punto un’analisi non dispendiosa per scoprire chi manifesterà una forma di demenza. Il tutto nell’obiettivo di una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo contro una patologia per la quale ad oggi non esiste una cura risolutiva, ma delle terapie per rallentarla: in questa cornice conoscere il proprio rischio ed agire per tempo risulta un’arma molto importante per il paziente.

Attualmente, per esempio, viene eseguita la puntura lombare, una procedura che consente il prelievo di un campione di fluido cerebrospinale, che serve per test sui marcatori legati ai disturbi neurologici. Tuttavia, questa tecnica è più invasiva rispetto al test in corso di studio da parte dei ricercatori italiani.

La ricerca odierna vuole verificare l’efficacia di due analisi combinate insieme. Il primo esame è il noto elettroencefalogramma, che misura l’attività elettrica cerebrale, visualizzata tramite onde sullo schermo, un’indagine utilizzata in vari disturbi, inclusa la cefalea, fra cui numerose malattie neurologiche.  I segnali registrati con questo esame sono stati interpretati con un’analisi matematica (basata sulla teoria dei grafi) che consente di capire come sono connesse tra loro le diverse aree del cervello. I ricercatori hanno poi pensato di associare un test genetico, fondato su un semplice prelievo di sangue, per cercare una mutazione del gene ApoE: tale mutazione è collegata al rischio di Alzheimer.

L’obiettivo ultimo della ricerca era quello di valutare l’efficacia di questo test. A tale scopo, l’accuratezza e la sensibilità sono state valutate all’interno di un campione di 145 pazienti con declino cognitivo lieve, seguito per alcuni anni: dei 145 partecipanti, 71 hanno sviluppato una demenza, mentre i restanti sono rimasti stabili nella condizione precedente, in linea con i dati per cui circa un paziente su due con forma lieve manifesterà poi la malattia.

Dallo studio sui pazienti emerge che il test combinato, che si basa sull’Eeg (small word Eeg) e sul prelievo di sangue, è risultato efficace, raggiungendo il 92% di accuratezza nella previsione dei casi di sviluppo di demenza: “quest’analisi potrebbe valutare su base individuale con grande precisione il rischio di progressione del mild cognitive impairment”, si legge nello studio. Oltre alla prevenzione e al trattamento tempestivo questo test potrebbe essere utile anche per un altro motivo, in futuro. “Quando arriveranno i farmaci innovativi destinati alle forme ‘prodromiche’ di Alzheimer”, specifica Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di neuroscienze della Fondazione policlinico A. Gemelli, “dovremo avere lo strumento per intercettare per tempo quali sono i soggetti che certamente si ammaleranno”.

“Il test è utilizzabile da subito nella pratica clinica”, aggiunge Rossini, “ma è previsto un suo collaudo all’interno di un progetto di ricerca comparativa denominato Interceptor, di recente finanziato dall’Agenzia italiana del farmaco e dal Ministero della salute – bando che sta andando incontro ad un rallentamento nei tempi, ma l’auspicio è che al più presto le autorità regolatorie ne colgano l’importanza”. Nel trial, conclude Rossini, questo ed altri test saranno messi a confronto per valutare la loro accuratezza, i loro costi e la loro facilità di esecuzione all’interno di un modello organizzativo su scala nazionale.

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